Il mio dito nel segno dei chiodi



Lampada per miei passi è la Tua Parola, luce sul mio cammino

(Salmo 118)


Dio ti benedica !



VANGELO DEL GIORNO

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 20,24-29

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Parola del Signore



COMMENTO DI DON LUIGI MARIA EPICOCO

Incontentabili

“Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù”.

Che destino infelice è toccato a Tommaso. Tutti vedono Gesù e lui è l’unico che è tagliato fuori da questa esperienza. Forse sarà stato a cercare provviste, a sbrigare qualche incombenza, a occuparsi di qualcosa di importante, ma di fatto nel momento dell’incontro con il Risorto lui non era presente. 

“Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo»”.

A poco servono le rassicurazioni e le testimonianze degli amici. Tommaso è il protettore degli incontentabili, di quelli cioè che rifiutano con tutto loro stessi le teorie del “mi fido”. E in fondo ha anche ragione, perché una cosa così decisiva come la fede non può essere semplicemente basata sull’esperienza degli altri. Ma la cosa che lo induce a sbagliare è chiudersi all’attesa, scartare la possibilità che sia vero, mettere condizioni ben precise per cui credere davvero.

Se da una parte è vero che nessuno di noi può vivere di esperienza riflessa, è pur vero che la testimonianza degli altri deve aprirci a una operosa attesa di quell’esperienza che accade quando e come Gesù vuole. In questo senso credere non è solo fare esperienza diretta ma anche desiderare e attendere questa esperienza decisiva. La parola credente è in realtà un verbo di movimento. L’atto del credere è sempre una tensione tra la mia incredulità e la mia professione di fede. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse:

«Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Credere è professare la fede anche in tempo di incredulità personale. 

Fonte: nellaparola.it



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