Effatà
05 settembre 2021
XXIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO
Lampada per miei passi è la Tua Parola, luce sul mio cammino
(Salmo 118)
Dio ti benedica !
Santa Teresa di Calcutta
Madre Teresa resterà come l’incarnazione più convincente, nella nostra epoca, del genio della carità evangelica; tutti l’hanno capita, i cristiani delle varie confessioni, i laici di ogni paese, gli indù..
La richiesta di Salome
XXIII domenica del Tempo ordinario Anno B – Commento al Vangelo di don Fabio Rosini
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 7,31-37
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!».
E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
PAROLE DEL SANTO PADRE
Troppe volte l’ammalato e il sofferente diventano un problema, mentre dovrebbero essere occasione per manifestare la sollecitudine e la solidarietà di una società nei confronti dei più deboli.
Gesù ci ha svelato il segreto di un miracolo che possiamo ripetere anche noi, diventando protagonisti dell’«Effatà», di quella parola “Apriti” con la quale Egli ha ridato la parola e l’udito al sordomuto.
Si tratta di aprirci alle necessità dei nostri fratelli sofferenti e bisognosi di aiuto, rifuggendo l’egoismo e la chiusura del cuore.
È proprio il cuore, cioè il nucleo profondo della persona, che Gesù è venuto ad «aprire», a liberare, per renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri. (Angelus, 9 settembre 2018)
Fonte: vaticannews.va
COMMENTO DI DON LUIGI MARIA EPICOCO
“Condussero da lui un sordo che parlava a stento; e lo pregarono che gli imponesse le mani”.Le malattie che riguardano la nostra comunicazione sono malattie che riguardano le nostre relazioni.
Infatti comunicazione e comunione sono parole molto vicine. Delle volte proprio perché si ammala la nostra comunicazione si ammalano anche le nostre relazioni, ma è anche vero viceversa.
Nel Vangelo di oggi, il sordo condotto davanti a Gesù parla a stento. Lo fa certamente perché non sente, ma è bello pensare che la guarigione può accadere solo se tocca effettivamente la sua capacità di parola. Gesù mette mani al suo problema ma lo fa in maniera discreta. Non usa il dolore e la difficoltà di quest’uomo per farsi pubblicità.
Lo dovremmo sempre tener presente: la nostra carità non può diventare la vetrina che usiamo per renderci credibili o bravi agli occhi del mondo. La maniera migliore di fare la carità è la discrezione, e la delicatezza, specialmente quando ha a che fare con il dolore delle persone. I poveri non sono i nostri spot.
“Egli lo condusse fuori dalla folla, in disparte, gli mise le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; poi, alzando gli occhi al cielo, sospirò e gli disse: «Effatà!» che vuol dire: «Apriti!» E gli si aprirono gli orecchi; e subito gli si sciolse la lingua e parlava bene”.
Gesù lo tocca con una concretezza estrema (dita e saliva) esattamente nel suo problema (orecchi e lingua). E pronuncia su di lui una parola decisiva: “Apiriti!”. Che cos’è l’esperienza della fede se non l’esperienza di qualcosa che ci apre e ci tira fuori dal nostro isolamento e chiusura?
Una fede che non “apre” ma asseconda le nostre chiusure non è fede in Gesù Cristo. E questa apertura ha un risvolto concreto. Guarisce la comunicazione e la capacità di relazione di quest’uomo.
Egli fa questo solitamente: stabilisce con noi un’intimità che mira a guarire parola e capacità di amare. Infatti quando recuperiamo queste due componenti tutto diventa nuovamente possibile.
Fonte: cercoiltuovolto.it