Per non arrivare impreparati

Nel 2012, in un momento particolare di prova, il Signore mi fece un dono meraviglioso, scoprendo la preghiera delle lodi mattutine, che si celebravano nella Chiesa di San Liborio a Roma. In quella preghiera, sentivo la forza della preghiera di tutta la Chiesa orante.
Fu in una di quelle mattine, che il sacerdote che celebrava le funzioni, mi diede un calendario liturgico.
Io lo presi, ma sinceramente non ne compresi il motivo… cosa avrei dovuto farne io, con un libretto che dava indicazioni sui paramenti, le cerimonie, i canti, prefazio etc..? Eppure non poteva essersi sbagliato sulla mia situazione vocazionale, qualche giorno prima avevamo parlato…
Quasi perplesso, dopo averlo aperto a caso ( o forse non era un caso..), lo richiusi, piegando un angolino della pagina, con il proponimento di riaprirlo quando forse ne avrei compreso l’ utilità…
In questi giorni, a distanza di otto anni ( i tempi di Dio non sono i nostri tempi…), ho ripreso in mano questo libretto, e ho pensato che forse quel sacerdote fu profeta….
Il segno che avevo tenuto, era sulla pagina che parla del Giovedì Santo e del Venerdì nella Passione del Signore…
Alla luce della situazione che stiamo vivendo oggi e a seguito delle disposizioni emanate nel decreto per la Settimana Santa, ritengo che questo libretto sia un regalo tutto da aprire e gustare…
Visto che non possiamo partecipare alle funzioni religiose, almeno possiamo provare a fare una preparazione capendoci qualche cosa…( sembrerà strano, ma ogni anno mi sembra sempre la prima volta…imparo sempre cose nuove e ammetto la mia ignoranza..)
Nella speranza di poter condividere questo dono con chi ne vuole usufruire, ho riportato alcuni concetti ed altre indicazioni prese dal sito della pastorale liturgica.
Messa del Crisma
- La Messa in cui il vescovo, concelebrando con il suo presbiterio, consacra il sacro crisma e benedice gli altri oli, è una manifestazione della comunione dei presbiteri con il proprio vescovo nell’unico e medesimo sacerdozio e ministero di Cristo.
- Secondo la tradizione, la Messa del Crisma si celebra il giovedì della Settimana Santa. Essa può essere anticipata in altro giorno, purché vicino alla Pasqua. Infatti il nuovo crisma e il nuovo olio dei catecumeni devono essere adoperati nella notte della Veglia pasquale per la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.
- L’accoglienza ai sacri oli può essere fatta nelle singole parrocchie o prima della celebrazione della Messa vespertina della Cena del Signore o in un altro tempo più opportuno. Ciò potrà aiutare a far comprendere ai fedeli il significato dell’uso dei sacri oli e del Crisma e della loro efficacia nella vita cristiana.
Il Triduo pasquale
- La Chiesa celebra ogni anno i grandi misteri dell’umana redenzione dalla Messa vespertina del Giovedì nella Cena del Signore ai Vespri della domenica di Risurrezione. Questo spazio di tempo è ben chiamato il « Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto» ed anche «Triduo pasquale», perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il mistero della Pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al Padre. Con la celebrazione di questo mistero la Chiesa, attraverso i segni liturgici e sacramentali, si associa in intima comunione con Cristo suo Sposo.
- È raccomandata la celebrazione comunitaria dell’Ufficio delle letture e delle Lodi nel Venerdì della Passione del Signore ed anche il Sabato santo. Quest’ufficio, una volta chiamato «delle tenebre», conservi il dovuto posto nella devozione dei fedeli, per contemplare nella meditazione la passione, morte e sepoltura del Signore, in attesa dell’annuncio della sua Risurrezione.
- I pastori abbiano cura di spiegare nel migliore dei modi ai fedeli il significato e la struttura dei riti che si celebrano e di prepararli ad una partecipazione attiva e fruttuosa.
- Il canto del popolo, dei ministri e del presidente della celebrazione riveste una particolare importanza nei riti della Settimana Santa e specialmente nel Triduo pasquale, perché è più consono alla solennità di questi giorni ed anche perché i testi ottengono maggior forza quando vengono eseguiti in canto.
- E molto conveniente che le piccole comunità religiose sia clericali sia non clericali e le altre comunità laicali prendano parte alle celebrazioni del Triduo nelle chiese maggiori. Similmente, qualora in qualche luogo risulti insufficiente il numero dei partecipanti, dei ministranti e dei cantori, le celebrazioni del Triduo vengano omesse e i fedeli si radunino insieme in qualche chiesa più grande.
- La comunione agli infermi può essere portata il Giovedì e il Venerdì santo; al Sabato santo soltanto come viatico.
La Messa Vespertina nella Cena del Signore
“Con la Messa celebrata nelle ore vespertine del Giovedì santo, la Chiesa dà inizio al Triduo pasquale ed ha cura di far memoria di quell’ultima Cena in cui il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, amando sino alla fine i suoi che erano nel mondo, offri a Dio Padre il suo Corpo e Sangue sotto le specie del pane e del vino e li diede agli Apostoli in nutrimento e comandò loro e ai loro successori nel sacerdozio di farne l’offerta”.
Tutta l’attenzione deve rivolgersi ai misteri che in questa Messa soprattutto vengono ricordati: cioè l’istituzione dell’Eucaristia, l’istituzione dell’Ordine sacerdotale e il comando del Signore sulla carità fraterna: tutto ciò venga spiegato nell’omelia.
La messa nella Cena del Signore si celebra nelle ore vespertine, nel tempo più opportuno per una piena partecipazione di tutta la comunità locale. Tutti i presbiteri possono concelebrarla, anche se hanno
già concelebrato in questo giorno la Messa del Crisma, oppure se sono tenuti a celebrare un’altra Messa per il bene dei fedeli.
Nei luoghi in cui sia richiesto da motivi pastorali, l’Ordinario del luogo può concedere la celebrazione di un’altra Messa nelle chiese o oratori, nelle ore vespertine e, nel caso di vera necessità, anche al mattino, m a soltanto per i fedeli che non possono in alcun modo prendere parte alla Messa vespertina. Si eviti tuttavia che queste celebrazioni si facciano in favore di persone private o di piccoli gruppi particolari e che costituiscano un ostacolo per la Messa principale.
Secondo un’antichissima tradizione della Chiesa, in questo giorno sono vietate tutte le Messe senza il popolo. Secondo il responsum ad un dubbio dato dalla Congregazione per il Culto divino, non è opportuno celebrare la «prima comunione» nella messa «in cena Domini» (Cf. Notitiae 38, 2002, 491-92).
Prima della celebrazione il tabernacolo deve essere vuoto. Le ostie per la comunione dei fedeli vengano consacrate nella stessa celebrazione della Messa. Si consacri in questa M essa pane in quantità sufficiente per oggi e per il giorno seguente.
Si riservi una cappella per la custodia del Santissimo Sacramento e si orni in m odo conveniente, perché possa facilitare l’orazione e la meditazione: si raccomanda il rispetto di quella sobrietà che conviene alla Liturgia di questi giorni, evitando o rimuovendo ogni abuso contrario. Se il tabernacolo è collocato in una cappella separata dalla navata centrale, conviene che in essa venga allestito il luogo per la reposizione e l’adorazione.
Durante il canto dell’inno «Gloria a Dio» si suonano le campane. Terminato il canto, non si suoneranno più fino alla Veglia pasquale.
Durante questo tempo l’organo e gli altri strumenti musicali possono essere usati soltanto per sostenere il canto.
Per gli infermi che ricevono la Comunione in casa, è più opportuno che l’Eucaristia, presa alla mensa dell’altare al momento della Comunione, sia a loro portata dai diaconi o altri ministri, perché possano così unirsi in maniera più intensa alla Chiesa che celebra.
La Messa si conclude con l’orazione dopo la comunione, alla quale segue subito la processione che, attraverso la chiesa, accompagna il Santissimo Sacramento al luogo della reposizione. Apre la processione il crocifero; si portano le candele accese e l’incenso.
Intanto si canta l’inno «Pange lingua» o un altro canto eucaristico.
La processione e la reposizione del Santissimo Sacramento non si possono fare in quelle chiese in cui il Venerdì santo non si celebra la Passione del Signore.
Il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso. Non si può m ai fare l’esposizione con l’ostensorio.
Il tabernacolo o custodia non deve avere la form a di un sepolcro.
Si eviti il termine stesso di «sepolcro»; infatti la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare «la sepoltura del Signore», ma per custodire il pane eucaristico per la Comunione, che verrà distribuita il Venerdì nella Passione del Signore. Si invitino i fedeli a trattenersi in chiesa, dopo la Messa nella Cena del Signore, per un congruo spazio di tempo nella notte, per l’adorazione al Santissimo Sacramento solennemente li custodito in questo giorno. Durante l’adorazione eucaristica protratta può essere letta qualche parte del Vangelo secondo Giovanni (cap. 13-17). Dopo la mezzanotte si faccia l’adorazione senza solennità, dal momento che ha già avuto inizio il giorno della Passione del
Signore. Dopo la celebrazione della Messa del Giovedì santo, si tolgano le tovaglie dall’altare e la croce. Ciò va fatto privatamente come semplice operazione pratica che predispone l’ambiente della chiesa alla celebrazione del Venerdì santo (cf. M R II ed.)
Il Venerdì nella Passione del Signore
In questo giorno in cui «Cristo nostra Pasqua è stato immolato», la Chiesa con la meditazione della Passione del suo Signore e Sposo e con l’adorazione della Croce commemora la sua origine dal fianco di Cristo, che riposa sulla Croce, e intercede per la salvezza di tutto il mondo.
In questo giorno la Chiesa per antichissima tradizione, non celebra l’Eucaristia; la santa Comunione viene distribuita ai fedeli soltanto durante la celebrazione della Passione del Signore; ai malati, che non possono prendere parte a questa celebrazione, si può portare la Comunione in qualunque ora del giorno.
È sacro il digiuno pasquale di questi primi due giorni del Triduo, in cui, secondo la tradizione primitiva la Chiesa digiuna «perché lo Sposo le è stato tolto». Nel Venerdì della Passione del Signore dovunque il digiuno deve essere osservato insieme con l’astinenza: si consiglia di prolungarlo anche al Sabato santo, in modo che la Chiesa, con l’animo aperto ed elevato possa giungere alla gioia della domenica di Risurrezione.
In questo giorno sono del tutto proibite le celebrazioni dei sacramenti, eccetto quelli della Penitenza e dell’Unzione degli infermi.
Le esequie siano celebrate senza canto e senza il suono dell’organo e delle campane.
Si raccomanda che l’Ufficio delle letture e le Lodi di questo giorno siano celebrati con la partecipazione del popolo. Si faccia la celebrazione della Passione del Signore nelle ore pomeridiane e specificatamente circa le ore quindici del pomeriggio. Si consiglia di scegliere l’ora più opportuna, in cui è più facile riunire i fedeli, dal mezzogiorno fino alle ore più tarde, ma non oltre le ventuno.
Si rispetti fedelmente la struttura dell’azione liturgica della Passione del Signore (Liturgia della Parola, Adorazione della Croce e Comunione), che proviene dall’antica tradizione della Chiesa. A nessuno è lecito apportarvi cambiamenti di proprio arbitrio.
Il sacerdote e i ministri si recano all’altare in silenzio, senza canto. Se vengono dette parole di introduzione, ciò sia fatto prima dell’ingresso dei ministri. Il sacerdote e i ministri, fatta la riverenza all’altare, si prostrano in terra; tale prostrazione, come rito proprio di questo giorno, si conservi con cura, per il significato di un’umiliazione dell’«uomo terreno» e della mestizia dolorosa della Chiesa. Durante l’ingresso dei ministri i fedeli rimangono in piedi.
Quindi anche loro si inginocchiano e pregano in silenzio.
Le letture siano proclamate integralmente. Il salmo responsoriale e il canto al Vangelo vengano eseguiti nel modo consueto. Il racconto della Passione del Signore secondo Giovanni si canta o si proclama come nella domenica precedente. Terminato il racconto della Passione, si faccia una breve omelia. Alla fine di essa i fedeli possono essere invitati a sostare per breve tempo in silenzio meditativo.
Si faccia la preghiera universale secondo il testo e la form a tram andati dall’antichità in tutta la prevista ampiezza di intenzioni per il significato che essa ha di espressione della potenza universale della Passione di Cristo, appeso sulla Croce per la salvezza di tutto il mondo. In caso di grave necessità pubblica l’Ordinario del luogo può permettere o stabilire che si aggiunga una speciale intenzione.
La Croce da mostrare al popolo sia sufficientemente grande e di pregio artistico. Per questo rito si scelga la prima o la seconda formula indicata dal Messale. Tutto questo rito si compia con lo splendore di dignità che conviene a tale mistero della nostra salvezza: sia l’invito fatto nel mostrare la Croce che la risposta data dal popolo si eseguano in canto. Non si ometta il silenzio riverente dopo ciascuna prostrazione, mentre il sacerdote celebrante rimane in piedi tenendo elevata la Croce.
Si presenti la Croce all’adorazione di ciascun fedele, perché l’adorazione personale della Croce è un elemento molto importante di questa celebrazione. Si adoperi il rito dell’adorazione fatta da tutti contemporaneamente solo nel caso di un’assemblea molto numerosa.
Per l’adorazione si presenti un’unica Croce, nel rispetto della verità del segno. Durante l’adorazione della Croce si cantino le antifone, i «Lamenti del Signore» e l’inno, che ricordano in m odo lirico la storia della salvezza, oppure altri canti adatti. Da questo m omento fino alla Veglia pasquale (esclusa), il gesto di venerazione verso la croce sarà la genuflessione e non il semplice inchino (Caer. Ep., 69).
Il sacerdote canta l’invito alla preghiera del Signore che tutti eseguono con il canto. Non si dà il segno della pace.
La Comunione si distribuisce secondo il rito descritto nel messale.
Durante la Comunione si può cantare il Salmo 21 o un altro canto adatto. Finita la distribuzione della Comunione si porta la pisside nel luogo già preparato fuori della Chiesa.
Dopo la celebrazione si procede alla spoliazione dell’altare, lasciando però la Croce con quattro candelieri. Si prepari in chiesa un luogo adatto (per es. la cappella di reposizione dell’Eucaristia nel Giovedì santo), ove collocare la Croce del Signore, che i fedeli possono adorare e baciare e dove ci si possa trattenere in meditazione.
Per la loro importanza pastorale, non siano trascurati i pii esercizi, come la « Via Crucis», le processioni della Passione e la memoria dei dolori della beata Vergine Maria. I testi e i canti di questi pii esercizi siano in armonia con lo spirito liturgico.
Il Sabato Santo
Il Sabato santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e m orte, la discesa agli inferi ed aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua Risurrezione. È molto raccomandata la celebrazione dell’Ufficio delle letture e delle Lodi con la partecipazione del popolo. Dove ciò non è possibile, sia prevista una celebrazione della parola di Dio o un pio esercizio
rispondente al m istero di questo giorno.
Possono essere esposte nella chiesa per la venerazione dei fedeli l’immagine del Cristo crocifisso o deposto nel sepolcro o un’immagine della sua discesa agli inferi, che illustra il m istero del Sabato Santo; ovvero l’immagine della beata Vergine Maria Addolorata.
Oggi la chiesa si astiene del tutto dal celebrare il sacrificio della M essa. La santa Comunione si può dare solo in form a di Viatico.
Si rifiuti la celebrazione delle nozze e degli altri sacramenti, eccetto quelli della Penitenza e dell’Unzione degli infermi.
La Veglia pasquale
Per antichissima tradizione questa «è una notte di veglia in onore del Signore» e la Veglia che in essa si celebra, commemorando la notte santa in cui Cristo è risorto, è considerata come «madre di tutte le sante Veglie». In questa Veglia infatti la Chiesa rimane in attesa della risurrezione del Signore e la celebra con i sacramenti dell’iniziazione cristiana.
Significato della celebrazione notturna «L’intera celebrazione della Veglia pasquale si svolge di notte; essa quindi deve cominciare dopo l’inizio della notte e terminare prima dell’alba della domenica». Tale regola è di stretta interpretazione.
Gli abusi e le consuetudini contrarie, che talvolta si verificano, così da anticipare l’ora della celebrazione della Veglia pasquale nelle ore in cui di solito si celebrano le Messe prefestive della domenica, non possono essere ammessi. Le motivazioni addotte da alcuni per anticipare la Veglia pasquale, come ad esempio l’insicurezza pubblica, non sono fatte valere nel caso della notte di Natale o per altri convegni che si svolgono di notte.
La Veglia pasquale, in cui gli ebrei attesero di notte il passaggio del Signore che li liberasse dalla schiavitù del Faraone, fu da loro osservata come memoriale da celebrarsi ogni anno; era la figura della futura vera Pasqua di Cristo, cioè della notte della vera liberazione, in cui «Cristo, spezzando i vincoli della m orte, risorge vincitore dal sepolcro».
Fin dall’inizio la Chiesa ha celebrato la Pasqua annuale, solennità delle solennità, con una Veglia notturna. Infatti la Risurrezione di Cristo è fondamento della nostra fede e della nostra speranza e per mezzo del battesimo e della cresima siam o inseriti nel mistero pasquale di Cristo: morti, sepolti e risuscitati con lui, con lui anche regneremo. Questa Veglia è anche attesa escatologica della venuta del Signore.
La struttura della Veglia pasquale
La Veglia si svolge in questo m odo: dopo il «lucernario» e il «preconio » pasquale (prima parte della Veglia), la santa Chiesa medita «le meraviglie» che il Signore ha compiuto per il suo popolo fin dall’inizio (seconda parte della Veglia), fino al m omento in cui, con i suoi membri rigenerati nel battesimo (terza parte), viene invitata alla mensa, che il Signore ha preparato al suo popolo, memoriale della sua morte e risurrezione, in attesa della sua venuta (parte quarta). Questa struttura dei riti non può essere cambiata arbitrariamente da nessuno.
Prima parte
Comprende azioni simboliche e gesti, che devono essere compiuti con tale ampiezza e nobiltà, che i fedeli possano veramente apprenderne il significato, suggerito dalle monizioni e dalle orazioni liturgiche. Per quanto possibile, si prepari fuori della chiesa in luogo adatto il rogo per la benedizione del fuoco nuovo, la cui fiamma deve essere tale da dissipare veramente le tenebre e illuminare la notte.
Nel rispetto della verità del segno, st prepari il cero pasquale fato di cera, ogni anno nuovo, unico, di grandezza abbastanza notevole, mai fittizio, per poter rievocare che Cristo è la luce del mondo Venga benedetto con i segni e le parole indicati nel Messale.
La processione con cui il popolo fa ingresso nella chiesa, deve essere guidata dalla sola luce del cero pasquale. Come i figli di Israele erano guidati di notte dalla colonna di fuoco, così i cristiani a loro volta seguono il Cristo che risorge.
Nulla vieta che a ciascuna risposta «Rendiamo grazie a Dio» si aggiunga qualche acclamazione in onore di Cristo. La luce del cero pasquale viene propagata gradualmente alle candele, opportunamente portate in m ano da tutti, con le lampade elettriche ancora spente. Il diacono canta il «preconio» pasquale che in form a di grande poema lirico proclama tutto il m istero pasquale inserito nell’economia della salvezza. Se necessario, in mancanza del diacono, qualora anche il sacerdote che presiede non possa cantarlo, venga affidato ad un cantore.
Seconda parte
Le letture della sacra Scrittura descrivono gli avvenimenti culminanti della storia della salvezza, che i fedeli devono poter serenamente m editare nel loro animo attraverso il canto del Salmo responsoriale, il silenzio e l’orazione del celebrante.
Il rinnovato «Ordo» della V glia comprende sette letture dell’Antico Testamento prese dai libri della Legge e dei Profeti, le quali per lo più provengono dall’antichissima tradizione sia
dell’Oriente che dell’Occidente; e le due letture dal Nuovo Testamento, prese dalle lettere degli Apostoli e dal V angelo. Così la Chiesa «cominciando da Mosè e da tutti i Profeti» interpreta il m istero pasquale di Cristo. Pertanto tutte le letture siano lette, dovunque sia possibile, in m odo di rispettare completamente la natura della Veglia pasquale, che esige una durata adeguata.
Tuttavia dove le circostanze di natura pastorale richiedono di diminuire ulteriormente il numero delle letture, se ne leggano almeno tre dall’Antico Testamento, cioè dai libri della Legge e dei Profeti; non venga m ai omessa la lettura del capitolo XIV dell’Esodo con il suo cantico.
Terminate le letture dell’Antico Testamento si canta l’inno Gloria», vengono suonate le campane secondo le consuetudini locali, si pronuncia l’orazione colletta e si passa alle letture del Nuovo Testamento. Si legge l’esortazione dell’apostolo sul battesimo come inserimento nel m istero pasquale di Cristo. Quindi tutti si alzano: il sacerdote intona tre volte l’«alleluia», elevando più in alto gradualmente la voce, mentre il popolo a sua volta lo ripete. Se necessario, il salmista o un cantore intona l’«alleluia» che il popolo prosegue intercalando l’acclamazione tra i versetti del salmo 117, tante volte citato dagli apostoli nella predicazione pasquale. Poi si annuncia con il V angelo la risurrezione del Signore, quale culmine di tutta la liturgia della parola. Non si ometta di fare l’omelia, per quanto breve, dopo il V angelo.
Terza parte
La terza parte della Veglia è costituita dalla liturgia battesimale. Ora viene celebrata nel sacramento la Pasqua di Cristo e nostra. Ciò può essere espresso in maniera completa in quelle chiese che hanno il fonte battesimale, e soprattutto quando avviene l’iniziazione cristiana degli adulti o almeno si celebra il battesimo dei bambini. Anche nel caso che manchino i battezzandi, nelle chiese parrocchiali si faccia almeno la benedizione dell’acqua battesimale.
Quando questa benedizione non si celebra al fonte battesimale ma nel presbiterio, in un secondo momento l’acqua battesimale sia portata al battistero, dove sarà conservata per tutto il Tempo pasquale. Dove invece non vi sono battezzandi né si deve benedire il fonte, la memoria del battesimo si fa nella benedizione dell’acqua, con cui si asperge il popolo. Segue quindi la rinnovazione delle promesse battesimali, introdotta con una monizione da chi presiede.
I fedeli in piedi, e con le candele accese in m ano, rispondono alle interrogazioni. Poi vengano aspersi con l’acqua: in tal modo gesti e parole ricordano loro il battesimo ricevuto. Il sacerdote asperge il popolo passando per la navata della chiesa, mentre tutti cantano l’antifona «Ecco l’acqua» o un altro canto di carattere battesimale.
Quarta parte
La celebrazione dell’Eucaristia form a la quarta parte della Veglia e l suo culmine, essendo in modo pieno il sacramento della Pasqua cioè memoriale del sacrificio della croce e presenza del Cristo risorto, completamento dell’iniziazione cristiana, pregustazione della Pasqua eterna.
Si raccomanda di non celebrare in fretta la liturgia eucaristica; al contrario conviene che tutti i riti e tutte le parole raggiungano la massima forza di espressione.
Avvertenze Pastorali
La liturgia della Veglia pasquale sia compiuta in m odo da poterne offrire al popolo cristiano la ricchezza dei riti e delle orazioni; è importante che sia rispettata la verità dei segni, che s a favorita la
partecipazione dei fedeli, che venga assicurata nella celebrazioni la presenza dei ministranti, dei lettori e della «schola» dei cantori.
È auspicabile che talvolta venga prevista la riunione nella stessa chiesa di più comunità, quando per la vicinanza delle chiese o per lo scarso numero di partecipanti non possa aversi una celebrazione
completa e festiva. Si favorisca la partecipazione dei gruppi particolari alla celebrazione della Veglia pasquale, in cui tutti i fedeli, riuniti insieme, possono sperimentare in m odo più profondo il senso di appartenenza alla stessa comunità ecclesiale.
Nell’annunciare la Veglia pasquale si abbia cura di non presentarla come ultimo momento del Sabato santo. Si dica piuttosto che la Veglia pasquale viene celebrata «nella notte di Pasqua», come un unico atto di culto. Si avvertono i pastori di insegnare con cura nella catechesi ai fedeli l’importanza di prendere parte a tutta la Veglia pasquale. Per una migliore celebrazione della Veglia pasquale si richiede che gli stessi pastori acquisiscano una conoscenza più profonda sia dei testi che dei riti, per poter impartire una vera mistagogia.
Il giorno di Pasqua
Si celebri la M essa del giorno di Pasqua con grande solennità. Oggi è opportuno compiere, come atto penitenziale, l’aspersione con l’acqua benedetta nella Veglia. Durante l’aspersione si canti l’antifona «Ecco l’acqua», o un altro canto di carattere battesimale, Le pile dell’acqua benedetta vengano riempite con la stessa acqua.
Si conservi, dove già è in vigore, o secondo l’opportunità si instauri, la tradizione di celebrare nel giorno di Pasqua i Vespri battesimali, durante i quali al canto dei salmi si fa la processione al fonte e, se lo si ritiene opportuno, lo si incensa.
Il cero pasquale, da collocare presso l’ambone o vicino all’altare, rimanga acceso almeno in tutte le celebrazioni liturgiche più solenni di questo Tempo, sia nella M essa, sia a Lodi e Vespri, fino alla domenica di Pentecoste. Dopo di questo il cero viene conservato con il dovuto onore nel battistero, per accendere alla sua fiamma le candele dei neo battezzati nella celebrazione del battesimo. Nella celebrazione delle esequie il cero pasquale sia collocato accanto al feretro, ad indicare che la m orte è per il cristiano la sua vera Pasqua.
Domani ricorre l’anniversario del solenne inizio del Pontificato di papa Benedetto X V I (2005). Nella preghiera dei fedeli si raccomandino al Signore la sua persona e la sua attività.
Il Tempo pasquale
I cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di Risurrezione alla domenica di Pentecoste, si celebrano nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come «la grande domenica».
Perciò le domeniche di questo tempo non sono chiamate domeniche dopo Pasqua, m a domeniche di Pasqua e hanno la precedenza sulle feste del Signore e su tutte le solennità. Le solennità che coincidono
con queste domeniche si trasferiscono al lunedì. Le celebrazioni in onore della beata Vergine Maria e dei santi, che ricorrono durante la settimana, non possono essere rinviate a queste domeniche.
Il libro guida di questo tempo liturgico è quello degli Atti degli Apostoli, secondo la tradizione attestata dai Padri; in questo clima di gioiosa celebrazione si inserisce la lettura semicontinua del Vangelo di Giovanni, il teologo e catecheta della Pasqua e dei «sacramenti pasquali». Anche l’eucologia, prefazi propri e orazioni, offre una straordinaria ricchezza di dottrina e di pedagogia sacramentale.
La cinquantina pasquale si deve considerare il culmine dell’anno liturgico, per cui è il momento più indicato per le celebrazioni dei sacramenti che scaturiscono dal m istero pasquale: m essa di prima comunione, confermazione, celebrazioni per gli infermi. È anche il tempo dedicato dalla Chiesa antica alla mistagogia, cioè all’introduzione approfondita, con la grazia dello Spirito, ai «misteri»
che continuamente rigenerano e alimentano la vita cristiana.
Si raccomanda molto che soprattutto nell’Ottava di Pasqua la santa Comunione sia portata agli infermi.
Dove vi è l’uso di benedire le case in occasione delle feste pasquali, la benedizione sia fatta dal parroco o da altri sacerdoti o diaconi da lui delegati. E questa un’occasione preziosa per esercitare l’ufficio pastorale. Il parroco si rechi a far visita pastorale nella casa di ciascuna famiglia, abbia un colloquio con i suoi membri e preghi brevemente con loro adoperando i testi contenuti nel «Rituale delle benedizioni». Nelle grandi città si preveda la possibilità di radunare più famiglie per celebrare insieme il rito della benedizione.
Questo sacro Tempo dei cinquanta giorni si conclude con la domenica di Pentecoste, in cui si commemora il dono dello Spirito Santo effuso dal Risorto sugli apostoli, i primordi della Chiesa e l’inizio
della sua missione a «tutte le lingue, i popoli e le nazioni».
Per approfondire di seguito le indicazioni della pastorale liturgica
La Settimana Santa, celebrazione culmine
Tutto l’insieme dei giorni della Settimana Santa, dai primi Vespri della domenica della Passione fino ai secondi Vespri di Pasqua (quindi non solo la Veglia e il Triduo pasquale) pur con un’intensità diversa, hanno un innegabile carattere fondamentale nella dinamica dell’anno liturgico. Questo carattere esige che la preparazione delle celebrazioni di questi giorni sia più intensa e più “specializzata”. I riti della Settimana Santa, cioè, non possono essere celebrati con una preparazione simile a quella che viene dedica alle restanti celebrazioni dell’anno.
A chi medita i testi della liturgia quaresimale sarà facile scoprire il carattere fondamentale dei giorni della Settimana Santa a cui ci riferiamo. Già nei formulari liturgici del primo giorno di Quaresima – nella preghiera della benedizione della cenere, per esempio – si allude chiaramente alla Quaresima come cammino il cui compimento sono le celebrazioni straordinarie della Settimana Santa: “Che i fedeli – dice il celebrante benedicendo la cenere – possano arrivare, col cuore purificato, alla celebrazione del mistero pasquale”. E con accenti simili è presentato l’insieme della Quaresima nella ricca introduzione fatta alla benedizione degli ulivi nella domenica della Passione: “Già dall’inizio della Quaresima ci veniamo preparando con opere di penitenza e carità… ad inaugurare, in comunione con tutta la Chiesa, la celebrazione annuale dei misteri di morte e resurrezione di Gesù Cristo”.
La ricchezza dei misteri che si celebrano in questi giorni, coi suoi riti e con canti significativi, esige spiegazioni, prove, preghiera personale, preparazione. Difficilmente ci si potrà aspettare una celebrazione fruttuosa della Settimana Santa se non c’è stata un’accurata preparazione e meditazione dei suoi testi ed una conoscenza contemplativa dei suoi riti.
La Settimana Santa, celebrazione straordinaria
Ma Settimana Santa non è unicamente una celebrazione fondamentale; è anche una celebrazione con dei riti inusuali. Se la ricchezza dei misteri che si celebrano nei giorni santi esige una preparazione dello spirito per vivere il suo contenuto, la straordinarietà dei suoi riti è una seconda ragione che esige un’adeguata preparazione delle celebrazioni. La Settimana Santa, in effetti, comporta un insieme di riti e di canti peculiari e straordinari che né i ministri sono abituati a realizzare tutti i giorni né i fedeli contemplano abitualmente. Difficilmente, dunque, si potrà avere, obiettivamente, una celebrazione degna e, soggettivamente, fruttuosa, della Settimana Santa senza dedicare un tempo sufficiente a preparare i suoi riti ed i suoi canti che, per lo meno, alcuni, conviene siano fatti per questi giorni esclusivi e propri nel senso più stretto della parola. (1)
La preparazione delle celebrazioni di questi giorni, d’altra parte, ha diverse sfumature: deve esserci una preparazione remota che, soprattutto per quel che riguarda i canti, dovrebbe essere fatta durante la Quaresima, ed una preparazione prossima quando si avvicinano le varie celebrazioni. Deve esserci una preparazione interiore che aiuti ad approfondire il senso dei riti ed il significato dei testi, ed una preparazione rituale che, arrivato il momento, porti ad uno sviluppo dei riti che risulti espressivo – tanto per i ministri che li compiono come per il popolo che li contempla – senza che la preoccupazione materiale riguardo ai dettagli rituali della celebrazione assorba lo spirito dei partecipanti.
Perché ci possa essere una celebrazione distesa ed orante di questo tipo è necessario che tutti i ministri (2) sappiano esattamente in anticipo come ed in che momento devono compiere i singoli riti, affinché possano attuarli con naturalezza, senza esitazioni e con lo spirito attento “alla realtà invisibile, a quello che Cristo fa per opera del suo Spirito, che certamente è più importante di quello che facciamo noi nei riti della liturgia”. (3) Così pure, quelli che presiedono la celebrazione devono avere previamente preparato il contenuto delle omelie e le introduzioni; i fedeli, da parte loro, devono conoscere i canti principali, sapere previamente il perché di determinati atteggiamenti: per esempio, perché devono inginocchiarsi davanti alla croce o come devono realizzare l’adorazione della stessa. Tutto ciò esige preparazione previa.
Il carattere straordinario di queste celebrazioni esige anche la preparazione di determinati oggetti: come deve essere, per esempio, il cero pasquale, il recipiente dell’acqua battesimale o dell’acqua dell’aspersione della Notte santa, la croce per l’adorazione del venerdì santo, etc. Unicamente se questi elementi materiali si preparano in anticipo e pensando alla loro finalità riusciranno ad essere espressivi dei misteri che si celebrano. Se la preparazione di tutti questi dettagli si lascia, invece, alla semplice improvvisazione del momento, forse si faranno, materialmente, i riti prescritti, ma difficilmente questi “segni” saranno realmente espressivi dei misteri santi che significano e racchiudono.
Gerarchia delle diverse celebrazioni
Tanto per quel che riguarda la celebrazione come la stessa preparazione dei diversi riti della Settimana Santa, non va dimenticato che, nell’insieme dei misteri che la liturgia commemora in questi giorni, c’è e deve manifestarsi una gerarchia di celebrazioni che distingua bene le une dalle altre. La gerarchia nel modo e nell’importanza che si dà alla stessa preparazione delle diverse celebrazioni, senza dubbio, influirà sull’esperienza spirituale che poi si otterrà delle stesse. Le celebrazioni che si preparano in anticipo e con particolare attenzione danno già, per questo stesso fatto, un sensazione di importanza che poi si rifletterà nello stesso momento celebrativo. Per questo è importante incominciare la preparazione dalle celebrazioni di maggior valore oggettivo ed all’interno di ogni celebrazione dare un maggiore risalto agli elementi celebrativi più espressivi.
La gerarchia delle diverse celebrazioni della Settimana Santa, almeno teoricamente, è conosciuta più o meno da parte di tutti. Ciò non significa, però, che detta gerarchia di valori sia sempre sufficientemente rispettata, sia per quel che riguarda i giorni – a volte si dà più importanza alla messa del giovedì Santo che alla celebrazione del venerdì della morte del Signore -, sia per quel che riguarda la struttura interna e gli elementi di ogni celebrazione in concreto. A volte, in effetti, determinati riti minori assorbono talmente l’attenzione e l’interesse preparativo che i riti di maggiore importanza rimangono praticamente nell’ombra.
Inoltre, a volte, le prove dei canti e la preparazione dei riti si fanno con una dinamica o secondo un ordine che potremmo chiamare “cronologico”, certamente non gerarchico né teologico. Si incomincia semplicemente preparando la celebrazione della domenica delle Palme, poi quella del giovedì Santo, quella del venerdì Santo e, finalmente, quella della Veglia Pasquale. E siccome alla fine, facilmente, non rimane tempo per tutto, non è raro che i canti della Veglia Pasquale vengano messi un po’ da parte, nonostante questa sia la più importante delle celebrazioni.
La stessa cosa accade, a volte, nella preparazione delle singole celebrazioni. A volte, la prima cosa che s’impara in vista della Veglia Pasquale – e nel quale ci si mette più impegno – è il canto che accompagna la processione del Cero pasquale, o la prima cosa che preoccupa è la preparazione del falò col fuoco nuovo, mentre magari si pensa poco ad un canto vibrante dell’Alleluia o del Gloria della messa pasquale che certamente sono più centrali, o di spiegare l’importanza e la dinamica delle abbondanti letture della Veglia.
È necessaria, dunque, una visione “gerarchizzata” delle diverse celebrazioni e dei distinti elementi celebrativi. La preparazione deve incominciare sempre dalle celebrazioni e dagli elementi più significativi. E, se non rimane tempo per tutto, è preferibile lasciare per l’anno seguente le parti più secondarie che completeranno l’espressività delle celebrazioni, e fare in modo che, per lo meno, gli aspetti più importanti delle celebrazioni della Settimana Santa rimangano sufficientemente sottolineati già a partire dal primo anno.
Suggerimenti per la preparazione delle celebrazioni
Ci sembra essere pedagogico indicare alcune piste per come procedere alla preparazione dei giorni santi, piste che ogni comunità dovrebbe adattare alle rispettive necessità (4) e possibilità. (5)
Progettando la preparazione delle celebrazioni della Settimana Santa, ogni comunità – parrocchiale, religiosa o monastica – dovrebbe partire da questi tre principi: a) la gerarchia delle diverse celebrazioni; b) il repertorio dei canti che si conoscono già e delle lacune che ha l’insieme dei canti conosciuti; (6) c) la difficoltà di alcuni canti in concreto. (7)
In quanto alla gerarchia delle celebrazioni, la preparazione dovrebbe incominciare, evidentemente, dalla domenica di Pasqua (Veglia pasquale e messa del giorno), per poi proseguire col venerdì Santo, domenica delle Palme e Messa vespertina del giovedì Santo. Proponiamo alcuni brevi suggerimenti riguardo ad ognuno di questi giorni.
DOMENICA DI PASQUA
Suggeriremmo i seguenti passaggi progressivi, incominciando, evidentemente, dalla preparazione della prima celebrazione di questa domenica che è la Veglia: (8)
a) Canto proprio per l’aspersione dell’acqua
Forse si dovrebbe incominciare con l’imparare questo canto, in quanto per gli altri momenti importanti della Notte pasquale c’è già un certo repertorio di canti comuni (quelli della messa) e perfino propri. Ma, Molto spesso, invece, non si conosce un canto che sia proprio di questo rito; e questo rito è una parte caratteristica della notte pasquale. Usare, per esempio, durante l’aspersione, un canto conosciuto, cantato anche in altre occasioni, risulta poco espressivo della singolarità del rito e per questo l’impoverisce. Inoltre un canto proprio per l’aspersione potrà servire anche nelle altre domeniche del tempo pasquale per l’aspersione dell’acqua. Vale, dunque, la pena fare lo sforzo di imparare questo canto che spiritualmente è molto “redditizio” (vedi “Casa del Padre”). In alcuni posti, magari, si sa ancora questo canto nella sua versione latina, nella sua melodia gregoriana (“Vidi aquam”). Potrebbe essere una buona soluzione riprendere questo canto che, con una breve spiegazione previa (non durante la celebrazione, ma in un altro momento) risulterebbe di facile comprensione.
b) Alleluia pasquale
L’intonazione di questo alleluia è un rito molto caratteristico della Notte di Pasqua. Dopo le lunghe settimane nelle quali non è risuonato, nella Notte santa è ripreso con gran solennità. Se è possibile lo intona lo stesso celebrante. (9) Questo canto si intona tre volte consecutive, elevando il tono ciascuna volta ed anche il popolo lo ripete ogni volta nello stesso tono. (10) Per questo “alleluia” si dovrebbe cercare, dunque, una musica vibrante, che esprima bene la solennità e l’allegria della Notte Santa, ma che sia anche facile, perché il popolo possa ripeterlo con forza ed espressività.
c) Gloria a Dio nell’alto dei cieli
Benché si canti frequentemente, il Gloria è un canto preferibilmente pasquale. Per questo dovrebbe avere un grande rilievo questa Notte. Le comunità che sanno più di una musica per questo inno dovrebbero scegliere, per questa Notte – e per il giorno di Pasqua e perfino per i Cinquanta giorni pasquali -, la melodia più solenne. Le comunità con meno possibilità musicali dovrebbero imparare il più presto possibile una melodia per questo inno ed adottare il suo canto, per lo meno, nelle domeniche di Pasqua (meglio ancora, in tutte le domeniche del tempo pasquale). (11)
d) Risposte ai salmi responsoriali
Sarebbe l’ultimo passo da fare nella preparazione dei canti della Notte pasquale. Il canto dei salmi responsoriali – o per lo meno delle loro antifone – conferisce sempre – e più ancora in questa Veglia pasquale di preghiera e contemplazione delle meraviglie di Dio – un gran clima di contemplazione e di preghiera alla celebrazione della Parola.
e) Sequenza pasquale
È un brano molto espressivo ed uno degli elementi tradizionalmente più propri della solennità di Pasqua – non si usa nella Notte pasquale ma nella Messa del giorno e durante l’ottava – che deplorevolmente è sparito sempre di più dalle celebrazioni a partire dall’introduzione della lingua italiana. Per il suo carattere di canto straordinario – che rompe in un certo modo lo schema più abituale della Liturgia della Parola – dà un gran rilievo alle celebrazioni eucaristiche di tutta l’ottava pasquale. Si dovrebbe fare uno sforzo per recuperare questo canto così significativo. Per lo meno le comunità che sono in grado (quelle monastiche soprattutto) dovrebbero cantare questa sequenza durante tutti i giorni dell’ottava pasquale, non solamente nella domenica di Pasqua. Se non si conosce una musica di questa sequenza nella sua versione italiana (vedi sempre “La casa del Padre”) si può cantare in latino con la sua bella e tradizionale melodia gregoriana.
f) Disposizione di alcuni elementi particolarmente significativi
Cero pasquale: si deve preparare in anticipo, ornarlo debitamente, deve essere nuovo ogni anno, mai finto, ma di vera cera. (12) e sempre messo in risalto e più grande degli altri ceri che si usano in chiesa. Il suo posto è vicino all’ambone. Conclusa la solennità di Pentecoste si deve ritirare dal presbiterio ed accendere solamente nelle esequie e nel Battesimo. (13)
Tovaglie dell’altare: per la messa pasquale si dovrebbero preparare delle tovaglie più festive del solito, magari esclusive per Pasqua ed i Cinquanta giorni pasquali. La mensa del Signore deve apparire soprattutto nel giorno di Pasqua – e durante tutto il tempo pasquale – come una “profezia” della mensa del regno dove mangeremo e berremo col Risorto.
Recipiente dell’acqua: tanto se si tratta dell’acqua battesimale (nelle parrocchie e nelle altre chiese dove si celebra il battesimo) come se si benedice unicamente l’acqua per l’aspersione nella Notte santa e nel giorno di Pasqua, (14) il recipiente deve essere grande e visibile al punto da ricordare facilmente il lavacro battesimale. Inoltre va ornato come di dovere, a motivo del suo significato festivo.
VENERDÌ SANTO
Il secondo punto del nostro interesse deve è la celebrazione della Morte del Signore. Per questa celebrazione andrebbero fatti i seguenti passi progressivi.
a) Adoriamo la Tua croce, Signore
Questo canto, destinato dalla liturgia all’adorazione della croce, è uno dei più antichi canti di questo giorno e, senza dubbio, il più significativo di quanti sono presenti nel Messale per l’adorazione della croce. Il suo testo è intensamente pasquale perché in esso si fa riferimento tanto alla morte (croce) come alla resurrezione di Cristo. Per questo è il primo canto che si dovrebbe imparare, si dovrebbe spiegare al popolo ed essere tema di meditazione. Un modo per sottolineare l’importanza di questo brano – se durante l’adorazione della croce si usano anche altri canti – può essere quello di porre questo canto alla fine dell’adorazione della croce: mentre il celebrante – o il diacono – prende con rispetto la santa croce dal luogo dove i fedeli l’hanno adorata per collocarla al suo posto sopra o vicino all’altare, il popolo che contempla la croce elevata dal ministro, può inginocchiarsi ed intonare: “Adoriamo la tua croce, Signore”.
b) Altri canti per l’adorazione della croce
I canti offerti dal messale per l’adorazione della croce hanno un gran valore, perché presentano, in forma lirica, la storia della salvezza. Conviene, per questo, impararli un po’ alla volta lungo gli anni successivi. (15) In quanto ai canti popolari “di supplenza” che si potrebbero introdurre per questo momento dell’adorazione della croce, bisogna essere molto cauti e perfino “critici”; non si tratta di cantare qualcosa, ma di aiutare a contemplare la vittoria della croce. Prima di introdurre, dunque, qualunque tipo di canto per questo momento bisogna esaminare bene il suo contenuto; troppe volte i canti di supplenza che si selezionano risultano eccessivamente sentimentali e sono molto lontani dall’esprimere il vero senso evangelico della morte del Signore. In questa ipotesi, più che aiutare a comprendere e a vivere il mistero cristiano, costituiscono un disturbo ed una distrazione.
c) Risposta al salmo responsoriale
È un canto importante e facile, chiamato ad intensificare il clima di preghiera che deve avere la liturgia della parola; per la sua brevità e perché si ripete varie volte, ha bisogno di meno preparazione previa.
d) Comunione
In questo giorno austero, nel quale non si celebra l’Eucaristia, ma ci si comunica unicamente col pane consacrato in precedenza e si omette la comunione al calice, pensiamo sia più espressivo fare la comunione in silenzio; così la partecipazione eucaristica, ricevuta oggi fuori del contesto del banchetto festivo che è la messa, si differenzia meglio dalla comunione festiva degli altri giorni.
e) Disposizione di alcuni elementi specialmente significativi
Croce per l’adorazione: dovrebbe essere sufficientemente grande per essere contemplata facilmente dal popolo, ma, contemporaneamente, proporzionata, perché il celebrante possa sostenerla col dovuto decoro. L’autenticità del rito esige che si tratti di una croce di legno, non di metallo. Va previsto anche un piedistallo ove collocarla una volta finita l’adorazione.
Tovaglia per l’altare: in questo giorno è più espressivo preparare una tovaglia molto semplice e perfino piccola. È meglio che oggi la tovaglia copra esclusivamente la superficie dell’altare, senza pendere da nessuna parte: la comunione di questo giorno si vedrà così meno come un banchetto festivo e assomiglierà di più al cibo semplice di un giorno di digiuno.
DOMENICA DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
Benché in questo giorno la parte più importante della celebrazione sia la messa, i preparativi dovranno incentrarsi preferibilmente sulla processione, perché solo questa è la parte insolita. La preparazione dovrebbe seguire questo sviluppo.
a) Canti per la processione
I due canti più importanti ed espressivi del senso escatologico – e non solamente storico – della processione sono i salmi 23 e 46. (16) Si dovrebbe cercare di incorporarli alla celebrazione e non supplire con troppa facilità con altri canti popolari che quasi sempre impoveriscono il significato proprio di questo rito. Un altro canto molto espressivo della processione è il “Gloria a te, lode in eterno” (17).
b) Canti per la messa
Il canto d’ingresso indicato nel messale per la messa di questo giorno è particolarmente significativo ed esprime molto bene il senso di questa domenica. Mentre il celebrante entra in chiesa come segno dell’entrata del Signore in Gerusalemme, quella terrena e quella celeste, si canta: “Mentre il Cristo entrava nella città santa”. Conviene, dunque, imparare questo canto, proprio di questo giorno, in modo da poterlo cantare al principio della messa, invece di sostituirlo con troppa facilità con altri canti di contenuto più comune.
c) Disposizione di alcuni elementi particolarmente significativi
Luogo della benedizione degli ulivi: se è possibile si preferisca un posto lontano dalla chiesa. Se ciò non è possibile, si preparerà un posto vicino alla porta della chiesa. Nel luogo della benedizione non si deve usare nessun altare né tavolo con tovaglie, ma, se è possibile, un posto o leggio per la parola e anche una sede per il ministro.
MESSA VESPERTINA DELLA CENA DEL SIGNORE
In ordine di importanza questa messa è quella di minor rilievo tra le diverse celebrazioni che presentiamo come straordinarie della Settimana Santa. D’altra parte, si tratta di una messa con ritmo abbastanza abituale e per questo non ha bisogno di tanta preparazione come le altre celebrazioni. Si deve fare in modo che non appaia come “l’Eucaristia” per antonomasia – questo carattere corrisponde senza alcun dubbio alla messa della Notte pasquale – ma piuttosto come un “anticipo”, quasi come una “profezia” di quello che sarà l’Eucaristia pasquale (l’Eucaristia è “presenza” sacramentale della morte e resurrezione del Signore, per questo si celebra con tutta la sua espressività solo una volta realizzata questa morte e resurrezione, passato il venerdì Santo).
Riguardo alla preparazione dei canti, in questa messa si possono usare dei canti comuni, come per le altre messe – certo, è meglio usare canti adatti a questo giorno, comunque non è così necessario come nelle altre celebrazioni della Settimana Santa -. Bisogna puntare piuttosto su canti semplici, riservando i più solenni per la messa pasquale della Notte santa (per es. il Gloria dovrebbe avere in questa messa una melodia molto più semplice di quella che si userà nella Notte pasquale, perché si noti la diversità).
Per la reposizione alla fine della Messa può servire qualche canto conosciuto di adorazione all’Eucaristia. Per la lavanda dei piedi qualche canto sulla carità.
NOTE
(1) Cf. Congregazione Del Culto Divino, Lettere circolari sulle feste pasquali, n. 19, 32, 42.
(2) Per “ministri” si intendono tutti quanti “servono” alla celebrazione: l’organista, per esempio, o la religiosa che, in mancanza di ministri, deve portare il piedistallo in cui si infilerà la croce dopo la sua adorazione o ritirare i cuscini su cui si sdraiano i ministri all’inizio della celebrazione del venerdì della morte del Signore, etc.
(3) Giovanni Paolo II, Vicesimus Quintus Annus, núm. 10.
(4) Una comunità, per esempio, che conosca già i canti fondamentali della Veglia e non sappia ancora nessun canto proprio per la processione della domenica delle Palme, è naturale che incominci la preparazione della Settimana Santa imparando i salmi 23 e 46 della processione.
(5) Una piccola comunità parrocchiale rurale o un monastero di suore quasi tutte anziane e poco abituate al canto dovrà sviluppare la sua preparazione, per esempio, vedendo come esprimere e vivere la sua preghiera e la sua gioia pasquale attraverso una buona proclamazione, pregata e senza canto, dei salmi responsoriali della Veglia e – se è loro possibile – del canto espressivo dell’Alleluia della Notte pasquale.
(6) È possibile che una comunità in concreto conosca già alcuni dei canti propri – o per lo meno molto appropriati – per i riti più importanti (per es. per l’aspersione dell’acqua nella Notte pasquale) mentre ignora altri brani per momenti di minor rilievo; in questo caso è evidente che convenga iniziare la preparazione di canti per questi momenti.
(7) Sono canti che presentano speciale difficoltà e hanno bisogno di maggiore preparazione, benché di per sé non siano tanto importanti. Sarebbe il caso, per esempio, dei canti della processione della domenica delle Palme. Il canto per una processione ha sempre maggiore difficoltà e richiede di saperlo quasi a memoria. Se a ciò aggiungiamo – con riferimento concreto alla processione della domenica delle Palme – che la maggior parte di canti popolari in onore di Cristo re non aiutano per niente la contemplazione del significato dell’entrata messianica di Gesù a Gerusalemme, ma, piuttosto, impoveriscono il suo significato, sovrapponendo sfumature di un regno del Signore quasi politico o mondano, ci troviamo nella probabile necessità di dedicare una preparazione speciale a questa processione i cui canti stessi sono i salmi 23 e 46 e l’inno “Gloria, Laus.”
(8) È evidente che non è necessario sviluppare già tutti gli elementi dal primo anno; bisogna, comunque, iniziare un cammino che si svilupperà negli anni successivi.
(9) Se il celebrante non è capace di intonarlo in modo sufficientemente espressivo, può intonarlo un salmista (cf. CONGREGAZIONE DEL CULTO DIVINO, o.c. 87).
(10) Il rito di cantare tre volte l’alleluia, in un tono sempre più elevato, è tradizionale, dà molta espressività a questo rito e, benché non ci sia riferimento nel Messale di Paolo VI, al rito si riferisce sia il Cerimoniale dei Vescovi (n. 352), come, rivolte a tutte le chiese, le lettere circolari sulle feste pasquali della Congregazione del Culto(n. 87).
(11) Il Gloria è, per sua stessa natura, un canto. Andrebbe, pertanto, evitata la sua riduzione a semplice recitativo. A questo rispetto bisogna notare l’anomalia che rappresenta il fatto, troppo frequente, che si canti il “Signore, pietà”, che nella struttura attuale della messa più che un canto è piuttosto una giaculatoria penitenziale e che di per sé non esige il canto, ed invece si “preghi” il “Gloria” che è canto per sua stessa natura. Conviene superare questa anomalia.
(12) Cf. CONGREGAZIONE DEL CULTO DIVINO, o. c. núm. 82.
(13) CONGREGAZIONE DEL CULTO, o. c. n. 99; Messale romano, rubrica del giorno di Pentecoste. In molte chiese il Cero pasquale rimane nel presbiterio durante tutto l’anno, perdendo, in questo modo, tutta la sua espressività. È vero che nelle parrocchie in cui si celebrano frequentemente Battesimi ed esequie può essere “comodo” non continuare a mettere e a togliere il Cero; ma questa comodità dei ministri deve essere lasciata da parte di fronte al miglior servizio al popolo che, se contempla durante tutto l’anno il cero, non riuscirà più a vedere in lui uno dei segni espressivi della celebrazione di Pasqua.
(14) Benché il Messale non dica niente al riguardo dell’aspersione nella messa pasquale del giorno con l’acqua benedetta nella Veglia, la Congregazione del Culto ha indicato che in questa messa deve usarsi l’acqua benedetta nella Veglia (cf. o. c., n. 97). Nelle restanti domeniche pasquali, invece, l’acqua deve benedirsi ogni volta prima dell’aspersione con una delle formule stesse che per le domeniche di Pasqua raffigurano nel Messale romano.
(15) Cf. CONGREGAZIONE DEL CULTO DIVINO, o. c., n. 69.
(16) Cf. in questo sito.
(17) Il Messale italiano presenta una bella versione libera di questo inno. Si può cantare anche il testo latino con la sua melodia gregoriana di una bellezza innegabile.
(18) CONGREGAZIONE DEL CULTO, o. c., n. 95.
Fonte: www.pastoraleliturgica.it